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  • Grandezza della marineria viareggina

    Tant’è vero che per la strada mentre mi accompagnavano m’era venuto in mente di dire a Natino: “Caro Natino, Fortunato Celli, costruisti i bastimenti più belli, freschi e superbi in ogni mare. Avevano il soffio delle anfore greche e poi non fosti mai nominato, non sei stato celebrato e allora lascia che noi viareggini oggi all’inaugurazione di questa mostra si mormori il tuo nome e le barche che hai fatto: il famoso Dedalo, la Nellì, che comprarono gli Inglesi, l’Onesto, l’Ardissson! Tutte barche che andavano per i mari e quando arrivavano davanti ai porti i veri marinai dicevano: “È viareggina! E stavano attenti alle bordate che facevano per entrare in porto e avvicinarsi alla panchina questo per i costruttori di navi. E poi ci sono i marinai, capitani, vero?
    [...]

  • Il "battesimo" di Tobruk

    E allora episodi di una bellezza tragica. Quella volta che, un soldato giovane, fresco, lo misi sul lettino, arrivò in barella, c’era il lettino chirurgico, e mi disse: «Ah, non vedrò più il mi’ babbo». E morì, dio santo!
    Poi ci fu quell’altro, quell’episodio, e tantissimi. Ma dico quello che in questo momento mi viene in mente, che era banchiere della Cassa di Risparmio di Ravenna. E ecco che, era sdraiato, era tutto sfracellato nelle gambe. E mi disse, guardandomi con un bel sorriso sereno, c’era lì vicino l’aiutante di Sanità Ghezzi e altri due, mi disse: «Senti – eravamo ufficiali insieme ci si dava del tu – sono per morire?» Cosa mi succede. Era vicina l’alba, un silenzio. Mi interrogai, era dissanguato, avevo già sentito il polso, non c’era più e gli dissi: «Sì». E lui, bravo, mi disse: «Senti, senta noi delle volte non si fa il battesimo, avevo pensato che se mi capitava qualcosa volevo essere battezzato». «Ghezzi, vai a chiamare il tenente cappellano», che stava [...] assedio di Tobruk, lì vicino a centoventi metri, e sopra c’erano gli aerei nemici che mitragliavano. E il tenente cappellano non venne, ebbe paura. Allora dissi: «Ghezzi, la borraccia». Un silenzio. Ci avevano insegnato alla Scuola Ufficiali, di fare al caso anche il battesimo. E io dissi: In nome di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, sei battezzato. Mi fece un sorriso, e poi se ne andò. Ecco che dissi al Ghezzi: Ghezzi, la pistola – applausi – Ghezzi, la pistola . Perché volevo andare ad ammazzare il cappellano […] , è la verità. [...]

  • Il carnevale del 1924

    È una cosa mia personale.
    Il carnevale di Viareggio, da me amato, il felice, il glorioso fu questo del 1924 del “Andasti o giovinastro al gran veglione”. È certo che ognuno ci ’ha il suo dei carnevali. E per esempio come imparai subito a memoria i versi di Curzio Caprili: “Andasti o giovinastro al gran veglione, al braccio ti abbiam visto di una bionda, e ci facevi il nesci e il burbiglione, mentre palpavi l’anca sua rotonda.” [...]

  • Il ricordo della madre, Il poeta Tobino

    Mia madre che usciva dalla parte di San Michele, tutte le mattine, per andare a Messa nella piccola chiesa di Vezzano.
    Mia madre che nei tiepidi pomeriggi primaverili si occupava con grande cura del suo giardino, oggi quasi del tutto abbandonato. [...]

  • Il “Piazzone” di Viareggio

    La farmacia di mio padre era in una piazza popolarissima che si chiamava “Il Piazzone” perché era una grande piazza contornata di platani, quadrata. E i platani per la spiaggia, per la rena, umida che naturalmente c’è sotto fioriscono molto, diventano robusti e grossi a Viareggio. E sicché pieni di fronde e al tempo della nascita degli uccellini, un gridio la sera straordinario. In questa grandissima piazza c’era un unico prato verde e lì era il nostro regno. Tutto intorno alla piazza c’erano case basse, appena di un piano ed erano le case dei marinari. Viareggio aveva anche delle pinete a quel tempo densissime, verdi, cariche di muschio dove naturalmente vivevano anche delle donne di non facilissimi costumi, famosissime come la Pollacchina e l’Attanasia e noi nelle nostre intemperanze giovanili, le prime esperienze, bazzicavamo per tutti i campi, andavamo in Darsena. Anzi c’erano due teppe a Viareggio: la teppa del Piazzone e la teppa della Darsena. Ma badate, non si faceva niente!
    [...]

  • La canzonetta del carnevale di Icilio Sadun

    Le canzonette del carnevale diventavano delle volte famose ma erano fatte, per esempio “Andasti o giovinastro”, non si sa di chi è la musica le parole sono di Curzio Caprili e così per altri carri carnevaleschi, insomma!
    Si sa soltanto c’era la canzonetta ufficiale di ogni anno e ripeto Icilio Sadun fu invitato e fece benissimo. Perché chiesero di fare a Puccini una canzone del carnevale su Viareggio. E lui, Puccini era molto amato a Viareggio perché la Tosca, la Bohème, insomma era amato! E allora andarono a chiedergli la canzonetta di Viareggio, e lui disse: “Ci ho da fare! Ci ho da finire l’opera! Domandate a Icilio Sadun!” [...]

  • La farmacia Tobino

    Ma dunque c’era la farmacia di mio padre nel Piazzone e io cominciai, quasi sin da ragazzo, a fare il garzone di farmacia. Mio padre non voleva che...avere...ci volle abituare così, vero? E non fece male! E d’inverno dovevo studiare, d’estate facevo il garzone di farmacia. E la farmacia è una fonte di grandissime esperienze perché da tutte le parti arrivano notizie! C’è la donnina vecchia che domanda il parere per la nipotina che ha amato.
    Poi a quel tempo non si voleva mica spendere con i dottori, bisognava chiedere al farmacista, pigliare il piccolo sciroppino. Poi la farmacia è fonte proprio di una grande esperienza perché, specialmente d’estate, venivano da tutta la Toscana, anche da tutta l’Italia, ecco che io cominciavo a capire che cos’è servire. Perché poi le cose cambiano lentamente, con il passare degli anni quella bellissima piazza che gridava così la sera di uccelli, di gridio, di festa dei bambini che si paragonavano a quelli che erano sui rami, tra le foglie. Successe che lì venne il nuovo mercato. Arrivò il cemento, Viareggio lentamente cambiò, la marineria a vela lentamente si estinse perchè arrivò il motore. [...]

  • La genialità marinara dei viareggini

    E per esempio il primo che mi colpì, anzi mi ferì, fu che Fortunato Celli, quello che aveva ideato geniale la linea gallettata.
    E questi bastimenti di Viareggio che avevano una gallettata perché avevano l’impeto del petto del gallo quando affrontava la salita, insomma, erano conosciuti in tutti i porti d’Europa: Sfax, Marsiglia, Belleville, Nouvelles. Viareggio è stata, è la verità non perché è il mio Paese, una genialità marinara, ecco! Tutto il Paese o navigava o faceva i bastimenti. Perché parlo della storia marinara? Perché poi il Carnevale derivò anche da quello! [...]

  • La nascita del Burlamacco

    Nacque questa maschera di Burlamacco, e la disegnò, la creò, insomma, Uberto Bonetti, e fu chiamato, sono quasi certo, Burlamacco perché qui c’è il canale Burlamacca che servì, dietro ordine dello Zendrini, per liberare Viareggio dalla tremenda malaria.
    Ed ecco che fu chiamato Burlamacco perché, insomma, era un nome viareggino che si legava bene alla storia di Viareggio. E sempre più diventò l’emblema, la bandiera, come posso dire, del carnevale di Viareggio. [...]

  • La nascita del Carnevale di Viareggio

    Ed ecco, quasi senza accorgersene, che i Viareggini, non che avessero tanto benessere, ma arrivarono i forestieri, i lucchesi, i fiorentini, misero su qualche villetta, e poi nacquero le botteghe, il famoso cinematografo Nereo. Nacque un viale che dal molo andò fino a Piazza Mazzini. Ed ecco che successe: che i viareggini finita la stagione, che cominciavano i balneari, i bagnanti a venire e quindi affittavano, facevano un po’ di soldi.
    Ecco che come si avvicinava il periodo del carnevale – negli altri Pesi facevano il carnevale – ebbero voglia di dire anche loro: “Ma ora basta! Sempre a lavorare! Senza preoccuparsi per quelli che navigano! Ma anche noi perché non facciamo un po’ di feste?” [...]

  • La nascita del Pierrot

    Ed ecco che dopo due, tre anni venne il Pierrot. E che cosa fu il Pierrot? Fu una cosa straordinaria perché questa maschera pallida, vestita di bianco e ci fu la grossa novità che questo Giampieri riuscì con l’aiuto di un fabbro a mettere dentro la sua testa una forcella in modo che questa maschera muoveva gli occhi, sorrideva e guardava a destra e a sinistra e allora, e tutt’intorno c’erano le maschere vestite come lui in questo carro. Ed ecco che per la prima volta i cittadini, quelli della folla, quelli che venivano già a vedere il carnevale di Viareggio e trovavano questa maschera che diventava viva e parlava loro e questa che si chinava, sorrideva.
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  • La poetessa anarchica, Il rovescio della medaglia

    Due Maggio, questa data è piuttosto importante. Due Maggio, dopo il primo Maggio; e c’erano dei sottofondi ma c’erano anche delle cose occasionali di grande acutezza perché il giorno prima, il primo Maggio, intanto a Viareggio è una festa molto sentita, oltre l’affare politico perché ci sono dei ricordi pagani: la pineta, il mare, la primavera, il prossimo esplodere della stagione estiva. E poi la sera prima era venuta al Politeama, che era il teatro della città, addirittura da Milano una poetessa anarchica che aveva fatto un discorso e aveva eccitato, aveva infiammato le anime, tanto più poi che non era un uomo ma per la prima volta aveva parlato una donna, sicché gli uomini poi tornando a casa avevano parlato con le mogli – “E che ha detto?” – “É una donna, ha detto che è l’ora di smetterla, che abbiamo ragione noi, che siamo stati oppressi, invano sono morti tanti giovani alla guerra, ora staremo tutti bene. Basta!”
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  • La scoperta della cartapesta

    Dopo il Pierrot passarono due, tre anni e ci fu la grande scoperta della carta a calco, della cartapesta perché ecco che facevano il modello della tale maschera, ma ecco che c’era una carta che mettevano speciale, poi toglievano la creta con cui era fatta la cosa ed ecco che questa nuova maschera era leggera. È per questo che i grandi carri sempre più diventavano grandi con le maschere tutte intorno, musica a bordo.
    Ed ecco qui fu, via, la genialità! E furono i D’Arliano, Pardini...Erano tutti amati e famosi! [...]

  • La terrazza dei ricordi

    Sono lieto, lo confesso, di parlare qui, sulla terrazza che fece tanti anni fa mio padre! A quei tempi si diceva mio babbo. E quante volte mi posso affacciare, qui a destra, e aprire la porta e vedo il mare. Oggi c’è il mare grosso, le onde si vedono e insomma, è una consolazione! Viareggio, si, cambia ma ci ha il mare, ci ha la spiaggia, e ci ha ancora la Darsena. Bisogna essere grati anche a Maria Luisa di Borbone che fece la prima Darsena, creò Viareggio città. Io sono nato qui. Era qui, qui alle mie spalle, c’era il Piazzone, io ero con la teppa del Piazzone, si chiamava così e c’erano tutti quelli, figli di marinai: Truppino, Adriatico, Ganzù. Tutti ci avevano i nomignoli, i nomicchioli.
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  • Le mogli dei capitani: l’Adele

    Come faccio a non dirvi, per esempio, che le mogli di capitani spesso navigavano e partorivano a bordo. Ci fu l’esempio dell’Adele, che ci sia tempo almeno di dire questo! L’Adele era a bordo, sul Marco Polo: è una barca di cinquecento tonnellate! Portavano il grano in Inghilterra! E a Liverpool un vapore mentre entravano uscì da una diga e lo investirono e la barca era per andare a fondo! Questa donna che da poco aveva partorito il bambino capì che si affogavano tutti. Prese questo bambino e lo mostrò. Perché? Perché quelli del vapore inglese avevano capito il malanno che avevano fatto.
    Avevano messo fuori subito in mare le scialuppe e però non osavano avvicinarsi perché quando una barca va a fondo, voi ben lo sapete vecchi viareggini – che qui ce n’è un nuvolo intorno ma non li vedete – ecco che c’è il risucchio. Ma un marinaio inglese più coraggioso degli altri fece cenno di avvicinarsi, dice: “Tirami il bambino!” E questa Adele prese il suo bambino e lo tirò mentre la barca affondava. Questo inglese lo salvò e l’Adele si buttò in mare per andare a raggiungere il bambino. Ora vi voglio dire questo rapido episodio per dire che ecco come il paese a quel tempo viveva, oggi lo vedete balneare, eccetera eccetera. E un po’ però con questa mostra si rivede che di nuovo risplende la vecchia marineria, la nobile marineria di Viareggio! [...]

  • Le nozze d’oro di Tonin di Burio

    Il primo grande colpo fu nel 1921 perché noi si fece Le nozze d’oro di Tonin di Burio! E cioè si ricordò l’infanzia quando lui era in campagna e celebravano le nozze d’oro. C’era la vecchia moglie, il vecchio marito e lì vicino il parroco, vecchio anche lui. Ecco c’era davanti l’aia, era il carro, vero? E loro erano vicino, in un palchetto con le schiene appoggiate alla loro casetta, insomma. E sotto, ecco, ci fu la prima grande novità! Nell’aia in questo carro, in questa carretta ci mise l’orchestra. Lì nell’aia ci ballavano e con mio stupore vidi ballare uno che era padrone del bagno Tognetti che quando io ci andavo – mi ci portava mio padre – insomma era il padrone e lo vidi che ballava farneticamente, ecco perché i Viareggini partecipavano!
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  • Le ricchezze di Lucca e Viareggio, Il rovescio della medaglia

    Allora si deve sapere che tra Viareggio e Lucca non c’è soltanto una questione di campanile e quindi, non so, tra Lucca e Pisa ci sono le partite di calcio che si acutizzano ma Lucca era antica, Pisa era antica, tutte e due hanno avuto una storia gloriosa, insomma sono partite come le fanno Milano e Torino, vero?
    Qui accadeva che Viareggio era da poco che era in gloria perché Lucca era antica, ricca, con i marmi, l’architettura, le chiese, la sua storia piena di bei fatti, di scrittori, di pittori, di musicisti. Viareggio da alcuni decenni era diventata con una sua gloria celebre e cioè era diventata eccellente nella marineria, nel coraggio, nella navigazione. I bastimenti di Viareggio erano gallettati ed erano ammirati in tutti i porti, e in specie dagli Inglesi. [...]

  • Lo sviluppo della città di Viareggio

    Esco e tutta Viareggio è cambiata, le case dei marinai non ci sono più, il mondo cambia! E fortunatamente c’è questo: che Viareggio, insomma, è diventata una città. Ma certo la mia Viareggio era diversa, vero? Quando ero giovane, ma anche quando ero di media età. E ora botteghe una più bella dell’altra, insomma: i viareggini hanno fatto anche loro un po’ di quattrini, via!
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  • Lucca: libertà sullo stemma

    - E appunto vorrei anche aggiungere, per fare di Lucca un ritratto un pochino preciso, che sul suo stemma c’è scritto “Libertas”: libertà. E libertà fu. Perché, girando per altre città della Toscana – non lo faccio per recare ombra a nessuno – ma si vedono le palle dei Medici, il Giglio di Firenze. Qui no, qui è libertas: i lucchesi rimasero tali e rimasero liberi, per secoli. Sottolineo: per secoli.
    E infatti Niccolò Machiavelli quando nel 1500 venne qui a Lucca, per una questione mandato non era più il grande segretario fiorentino e gli dettero una bisogna qui a Lucca per il fallimento del Guinigi – ecco che lui scrive il sommario delle cose della città di Lucca – e attentissimo – e a un certo punto si sofferma e dice: “Sono i lucchesi generalmente da lodare”. Perché? E lo spiega: “Perché per anni avevano intorno tanti nemici e quindi potevano essere invasi e diventare schiavi e prigionieri, servi, e non lo furono mai”. Quindi vuol dire che si condussero bene, con quella saggezza, anzi, vorrei dire, con quella prudenza che Machiavelli spesso usa come sinonimo di virtù, di saggezza, di capacità politica. [...]

  • L’assedio di Tobruk

    Pensate che arrivammo con la nave…Duilio, ecco, ventunesima Sezione di sanità, c’eran tutti… Arrivammo a Tripoli e non c’era nessuno, non ad accoglierci, a dire: «mah, dove andiamo». Sicché ‘un si sapeva dove andare. Allora tra di noi si disse : «andiamo all’Ospedale militare» , che si chiamava Busetta. Ci incamminammo, entrammo in autobus, con tutti i soldati, s’era centocinquanta, e s’arrivò al Busetta. E questo, il direttore, disse: «ma io non so niente». Alla fine poi ci dettero da mangiare loro. E ecco che mi trovai in Libia, cominciò questa vicenda. Poi ci mandarono all’oasi di Sorman. Era anche un’esperienza molto bella, l’oasi. Io me la giravo, Sorman, andavo all’oasi vicina, gli altri non tanto, perché dicevano:«no, non ci interessa». Insomma io andavo col mio bastoncino, m’ero comprato il casco, la sahariana. Ed ecco che poi ci mandarono nella Sirtica e poi mi trovai in guerra, a Sghifet Batruna, all’assedio di Tobruk. E cosa succede; come succede in Italia, uno è psichiatra lo fanno chirurgo. E io diventai chirurgo, diventai, perché gli altri due erano morti, bombardati, comandante della baracchetta chirurgica. E sicché, menomale che gli ultimi anni d’Università avevo studiato abbastanza bene. E insomma, la vita è fatta così. E ecco che esperienze!, lì, davanti a Tobruk. La notte: «Signor tenente, c’è la carretta della morte». E arrivavano ovunque.
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